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Montanara 2/5

Filmato realizzato nel febbraio 2009, presso il Centro sociale anziani Montanara. Parlano Giorgio ed Alberto.
Propaganda: per tutte le varie propagande, gli altri mangiavano sempre i bambini; resistenza: fuga di un partigiano dentro al cesto del pane della Barilla; liberazione: indiano con il turbante; regali ai bambini; nell'immediato dopoguerra: i primi jeans di Parma; la musica americana, dischi e sigarette.
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G: “Io…quando ho conosciuto mia moglie...non era mica una ragazzina, però alla Famiglia Pramsana alla sera veniva con sua madre. Anche perché piaceva anche a sua madre, allora era uscito il periodo di Lascia e raddoppia…un lavoro...”

F: “E si guardava la tv anche, in quei posti lì?”

G: “Sì. Allora c’erano i cinema che il giovedì sera.. c’avevano il televisore che sarà stato…cosa sarà stato grande?... o sul telo …forse il proiettore .. invece di fare il film prima facevano “Lascia o raddoppia” poi non so se facevano il film.”

A: “Prima facevano i film, “Lascia o raddoppia”, poi facevano ancora i film.”

G: “Se no non ci andava nessuno.”

A: “C’era poca gente che c’aveva la televisione.”

F: “E comunque “Lascia o raddoppia” era un evento importantissimo…”

G: “Beh insomma è stato il primo spettacolo moderno, adesso è d’antiquariato, però allora era moderno. Io ad esempio sono stato, non uno dei primi perché ero abbastanza giovane...però mi sono innamorato subito dei blue jeans. Allora c’erano i Roy.Rogers e i Raison.”

F: “ E sono arrivati subito dopo la guerra?”

G: “Sì, solo che subito dopo la guerra ero ancora un bambino…non te li mettevano in casa. Poi ho messo un paio di jeans… ho cominciato con i Parca, roba militare smessa, ho cominciato a portare quello che trovavi. Perché siamo sempre lì…il militare di solito c’ha almeno ventanni…quindi… poi ho continuato a portarli normalmente. Oltre a quello c’erano anche…ad esempio mi ricordo quando ho sentito la prima musica americana, Franck Sinatra…e poi chi c’era…l’altro più dolce a cantare…”

A: “Miller”

G: “Poi quando ho sentito Amstrong…Amstrong… mi sono innamorato del jazz e ho ancora dei quarantacinque giri a casa.”

F: “Parliam proprio di quegli anni là…”

G: “Sì, si. Ho cominciato a comperarli nel ’49, quando c’erano due soldini in tasca. Investivo le mance così, dovevo andare a ballare, no andare a ballare, più andare al cinema che andare a ballare…altrimenti compravo qualche disco, quindici anni così…le prime sigarette, Lucky Strike …e oh!...avevano una marcia in più come minimo.”

F: “ Erano anche tutte cose che facevano più bulletto, forse.”

G: “No, no erano migliori, erano molto, molto migliori delle italiane. allora…Io mi rendo conto che ridevo…quando mia nonna diceva…. che andava accanto al telefono… stava così… o diceva - Stringi bene la lampadina che se no viene fuori la corrente!-… robe del genere.”

A: “Forse sono stato il primo a Parma a iniziare a mettere su i blue jeans. Perché c’è stato che mio cognato era un partigiano e l’han preso e l’han portato in Pilotta, perché in Pilotta c’erano le prigioni. Allora…doveva partire per la Germania. Suo padre era un operario della Barilla…che portavano il pane ai carceri. Allora c’ avevano i cavalli con il biroccio. Allora è riuscito a portare là il pane, prendere mio cognato nasconderlo dentro il cesto e portarlo via… dopo sono riusciti a farlo scappare in Venezuela, è stato trentacinque anni in Venezuela a lavorare. C’aveva un fratello ingegnere là. Insomma è riuscito a scappare in Venezuela. Allora un giorno mi arriva un pacco, avrò avuto dodici, tredici anni. Arriva un pacco c’erano i blue jeans, poi c’era la camicia rossa con la diligenza, l’indiano, i cow-boy e gli stivali. Allora i blue-jeans…non erano così…dovevano essere fatti su, dovevano averci due giri per essere blue jeans.

Quando sono andato giù sembrava una comica, una comica in Borgo del Naviglio quando mi han visto…una comica. Dopo poi non volevo più mettermeli, dopo me li sono messi. Però io come lui, lui la sentita io no. perché io….ormai gli americani erano già… mi ricordo quando sono entrati a Sorbolo…gli americani… però non mi hanno fatto né caldo né freddo. Ero ancora un bambino… avevo quattro o cinque anni. Sono del quaranta, quindi nel quarantacinque avevo cinque anni.”

G: “Io mi ricordo nello spazio di sei o sette giorni c’è stato abbastanza movimento. Un paio di giorni prima passavo dallo Stradone, c’erano già tutti i cariagi sotto gli alberi, mi chiama un soldato…va là… mi ha dato sei o sette…avevano quei pani militari squadrati, mi ha caricato le braccia…oramai ero programmato…quando avevi qualcosa lo portavi a casa. Ci è servito perché mi sa che per due giorni senz’altro il pane non è stato fatto, perché sparavano. Poi ho incontrato…quando sono sfilati i partigiani…guardavo, sempre sullo Stradone…prima sono passati gli americani…mi ricordo solamente che avevo visto uno col turbante che l’ho guardato così…l’ho guardato…era su un autoblindo, sarà stato un indiano…comunque mi aveva impressionato. Gli altri sapevo cosa erano pressappoco, quello lì no…aveva una barba così… Sfilavano i partigiani, ce n’ era uno che aveva in mano una punta così, sarà stato un chilo e mezzo di formaggio, lo stava mangiando così, si vede che aveva mica sete, perché fa venire una sete…va beh…visto che lo stavo guardando mi ha detto toh. Si vede che si era stancato. Un chilo di formaggio e via a casa! E dopo due o tre giorni…oramai c’era già…nella villa Medioli c’era già il commando militare alleato. Cioè dove c’erano…perché in quella zona lì c’erano tutti ufficiali tedeschi sistemati…infatti lì brigate nere non ne passavano mai perché i tedeschi non le volevano, ci pensavano loro…sorveglianza e…lì si stava tranquilli. Dopo due o tre giorni che erano arrivati, giro l’angolo per andare verso piazzale 25 aprile, trovo due pistoloni negri alti così, con in mezzo uno, che poi ho capito…dopo ho capito che era la classica pattuglia, due poliziotti militari con un sergente, un caporal maggiore, insomma il caposquadra. Son rimasto così… e uno mi ha allungato una stecca di tiramolle, eh allora andiamo bene…premetto, cioè premetto…metto dopo… che la propaganda tedesca diceva che i negri…dicevano quello che gli americani dicevano dei tedeschi insomma, i tedeschi mangiavano i bambini, i russi mangiavano i bambini, eh di bambini non ne restano qui… I negri mangiano i bambini anche loro…qui i bambini… si può combinare. Poi ho continuato un po’ con gli Americani. C’erano sette o otto ufficiali nella villa Pagani in contro a dove abitavo io…avevano sempre bisogno di qualcosa. Il pomeriggio ero a casa da scuola…o era vacanza e ero a casa da scuola…andare dal calzolaio…andare di qua… ti davano non solo le caramelle, ti davano magari il chilo di farina da portare a casa, c’avevano della roba da far schifo.

Sono venuti gli inglesi…erano di un tirchio. Secondo me non ne avevano. Cioè probabilmente ne avevano come noi… e non ti davano neanche…se si tagliavano le unghie non te le davan mica… secondo me le mangiavano. Prima c’erano i tedeschi.”

F: “Cosa si ricorda?”

G: ”Mi ricordo che erano cortesissimi, con i bambini…lì non c’era…perché nella zona l’unico punto pericoloso… pericoloso per la gente che c’era dentro, era palazzo Rolli al Petitot, palazzo sulla sinistra per andare in viale San Michele, per andare dove c’è l’Università. C’era una sede dell’SD. Dicevano infatti che torturavano. Lì c’erano ufficiali della Vermark, che rompevano le scatole. Poi c’era il comando…ma si sono dati il cambio…lì c’era della gente che non eran mica coglioni, gente coi soldi… son furbini no… cosa vuoi che mettano in casa gli sfollati, han messo gli ufficiali. C’era villa Medioli, la villa Pagani, in casa di Fina…erano tutti ufficiali …in una casa più avanti c’era un infermeria, erano tutti ufficiali. Si son dati il cambio quando sono andati via i tedeschi sono arrivati gli americani, poi sono arrivati gli inglesi. Però di sfollati…niente. L’unico nella zona lo hanno messo in casa mia, su in granaio, e c’erano tre appartamenti di circa centoquaranta metri quadrati… ce ne era uno…ci abitavano tre persone, nell’altro ce ne abitavano quattro…c’erano stanze…ce ne erano…niente. Solo in casa nostra… e non è che avevamo tutto il piano, stavamo piuttosto stretti, però ci hanno messo una coppia. O siamo andati d’accordo per quel che mi ricordo, però non sarà mica molto giusto.”
Pubblicato da: Parmachesiparla il 10/03/2009
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Parole chiave:
liberazione, dopoguerra, resistenza, musica americana, jeans, prigione della pilotta, 25 aprile, propaganda, mangiano i bambini
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